L'appuntamento per i prossimi Corsi è per l'autunno!
Con l'uscita didattica finale di ieri si sono conclusi anche i Corsi di Fotografia naturalistica della primavera 2013. In una giornata già torrida, siamo stati nel versante fucense del parco nazionale d'Abruzzo, Lazio, Molise dove il solleone ci ha costretti quasi alle sole macro all'ombra dei faggi.
L'appuntamento per i prossimi Corsi è per l'autunno!
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Ancora sulle nevi del parco nazionale d'Abruzzo, stavolta per un workshop all'insegna della ... bufera!
Ieri giornata sul versante settentrionale del parco nazionale d'Abruzzo, Lazio, Molise. Molte ore di nevicata avevano ammantato tutto di bianco. Le ciaspole affondavano di dieci centimetri nella neve fresca, ma prima del ritorno della bufera sono riuscito a camminare per 3-4 ore. Poi il sole è uscito di nuovo. Generalmente non frequento più le aree faunistiche, ma questa volta ho fatto un'eccezione e devo dire che veder ciondolare l'orso marsicano nel paesaggio innevato non è la stessa cosa che nel resto dell'anno. Ed ho anche osservato un comportamento del cervo che non conoscevo. Ho visto un esemplare rizzarsi ripetutamente sulle zampe posteriori non solo per cercare qualcosa da mangiare sui rami bassi degli alberi, ma pure per far cadere foglie e piccoli frutti utilizzando l'imponente palco (a sette punte) a mo' di rastrello!
E' cominciata così. Ben due sveglie ignorate, gli occhi increduli davanti all'orologio ed un discreto elenco di santi scomodati dal loro etereo olimpo... A quel punto figlio accompagnato a scuola, tanto l'incubo del traffico è ormai una certezza. Ma poi parco d'Abruzzo era deciso, e parco d'Abruzzo sarà. Arrivo ch'è già tardi, tardissimo, rallentato ancora dal ghiaccio che rende la strada di Forca d'Acero uno scivolo mortale puntato su Opi. Ma aveva già pensato la neve, caduta copiosa nella notte, a cambiare il programma. Calzati gli scarponi m'incammino sul sentiero, cercandone un po' l'inizio tra gli alberi visto che il bianco ha cancellato quasi tutto... E in alto ad attendermi, mmh, c'è la bufera. I cervi ci sono, direi un paio di centinaia. Da una parte un gruppone di femmine, cui si uniscono giovani maschi e pochissimi esemplari dal palco a molte punte. I fiocchi che cadono fitti impediscono una vista chiara, certo più a me che a loro, ma insomma resta uno spettacolo. Dalla parte opposta della conca, ecco i maschi che battono il pendio alla ricerca di qualche erba ancora non seppellita del tutto. Poi la nevicata cessa e la luce inizia pian piano a migliorare. Da dietro alcune rocce arriva quel che speravo. Una femmina di camoscio col suo piccolo, assai più guardingo di lei che punta curiosa quello strano albero (NB - nota tecnica: ascoltando il rumore dello scatto ha esitato anche lei a lungo, poi come sono passato in modalità scatto silenzioso ha rotto gli indugi). Poi - perché le giornate sfigate, lo sappiamo, si riconoscono subito: ma pure quelle niente male - arriva anche lei, l'aquila. Uno splendido esemplare immaturo, di uno o due anni d'età direi, dalle caratteristiche macchie bianche che ne chiazzano ventralmente il piumaggio. Si posa su una roccia, poi mi vede e riparte subito ma per planare senza fretta sui massi che affiorano sul fianco della montagna. E' sopra il gruppo dei cervi maschi, li sorvola a disegnare cerchi di aria gelida sui loro palchi già solo pesanti, poi sparisce nel cielo bianco delle creste. A tratti esce il sole e accende le rocce dei picchi vicini, dove agli escursionisti è proibito inoltrarsi. I pendii ammantati dalle magre erbe autunnali si fanno lucenti, mentre la faggeta spoglia mostra grafismi disegnati dalle frane. Due cervi si allontanano dal gruppo procedendo in linea retta nella neve, passo dopo passo, verso un crinale. Foto o no, è un momento magico.
Dopo il tramonto percorro a ritroso il mio cammino e un paio d'ore più tardi, verso l'autostrada, guardando il termometro dell'auto segnare -10° mi coglie un brivido pensando a quel mondo al piano di sopra. Coi suoi ritmi e riti eterni. Deve, deve assolutamente restare così. Così titola un breve articolo di Fulco Pratesi sull'Espresso in edicola. Un opportuno richiamo al fantastico dietro l'angolo, allo straordinario a due ore d'auto o anche meno dall'inferno d'automobili del GRA. Orsi-camosci-lupi-cervi-tassi-caprioli, elenca scrivendo del parco nazionale d'Abruzzo, Lazio, Molise il Fulco nazionale. Che ci mette pure le linci ma per fortuna anche il foliage, roba da non sfigurare affatto davanti a quelli più blasonati di Canada e nord USA (vedi foto sopra, di ieri).
Sarà pure sempre altrove, il paradiso, ma invece è bene ripetersi tutte le volte che l'abbiamo anche noi sotto il naso. E che la sua esistenza, da qualche milione d'anni a questa parte, non è più scontata. Qualche anno fa coniai uno slogan che ha avuto un qualche successo nella comunicazione di settore: "I parchi, la nostra riserva di futuro". Tutto sommato mi pare ancora così. Fine-settimana al parco nazionale d'Abruzzo, Lazio, Molise per un Photo Tour dedicato ai cervi, in compagnia di Federico Gemma. Grande l'immediatezza della fotografia digitale, e perciò naturale il suo porsi come forma d'espressione prediletta nella società delle immagini - lo scrivo nel giorno in cui Instagram ha superato Twitter come numero di utenti. Però fa riflettere la sproporzione numerica che esiste, credo proprio, tra i suoi appassionati e quelli dell'arte naturalistica. Eppure il fascino di un tratto ben segnato di matita, delle sfumature di un acquerello, dello studio che precede e accompagna - cannocchiale alla mano, anzi all'occhio - la stesura di un quadro personalmente mi pare innegabile. Per dipingere un animale non occorre necessariamente avvicinarlo, almeno non quanto per fargli raggiungere dimensioni decenti nell'inquadratura della reflex: vero! Invidia... Però è forse proprio quell'assenza a liberare l'artista, e insieme il giudizio di chi ne valuta il lavoro. Ecco: liberiamo anche la fotografia naturalistica! Come tutti gli eventi estremi in natura, il freddo eccezionale di queste giornate è di grande interesse per il fotografo naturalista. Oggi sfidava i -11° del lago di Barrea quasi completamente ghiacciato - nel parco nazionale d'Abruzzo, Lazio, Molise - un gruppone mai visto così numeroso di circa cinquanta cervi.
Sui rilievi circostanti, altri gruppi di cervi si scorgevano nel bosco ammantato di due metri di neve alla ricerca disperata di cibo. Meglio fare il fotografo... Nei primi giorni di maggio, un orso marsicano è stato trovato morto presso Pescasseroli dai guardiaparco. Una brutta notizia che si aggiunge alle altre, di simile tenore, che ultimamente riguardano forse il più affascinante animale della fauna italiana. Agli uomini in divisa verde, così, ancora una volta è toccato recarsi sul posto imprecando sull'idiozia umana, effettuando i rilievi di prassi, infine recuperando la carcassa per gli accertamenti del caso (causa probabile del decesso l'investimento da parte di un'auto). Altrettanto tristemente è ripartito il tam-tam disinformativo che da ormai parecchi anni circonda l'orso degli Appennini (la foto qui accanto è ripresa in natura; cliccare per ingrandire), anzi direi tutto ciò che circonda l'esistenza reale e immaginaria del parco nazionale d'Abruzzo, Lazio , Molise. Non il primo ma il più discusso, il più chiacchierato, forse il più emozionante a conti fatti. Per le affermazioni secche e documentate che contiene - com'è natura degli estensori - mi sembra utile riportare qui un documento appena scritto dai ricercatori Luigi Boitani e Paolo Ciucci dell'Università di Roma "La Sapienza", pubblicato sulla rivista del parco. Orsi
Sentiamo chi li studia (estratto da “Natura Protetta” n. 10 – Primavera 2011) L’orso marsicano è una specie carismatica come poche altre in Italia, è quindi naturale che la vicenda della sua conservazione susciti passione e partecipazione nel pubblico e in tutti coloro che hanno a cuore le sorti delle specie minacciate. La piccola popolazione è ristretta in gran parte nei confini del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise e solo saltuariamente qualche animale (per lo più maschi in dispersione) viene osservato per periodi più o meno brevi anche in aree esterne al Parco come le aree protette abruzzesi e fino alle Marche nel Parco Nazionale dei Sibillini. Discutere su tutte e sempre, anche se si è incompetenti della materia, è uno sport in cui l’Italia compete con successo per i primi posti in classifica (per continuare la lettura clicca su Read More qui accanto). E' il 18 gennaio scorso, sono le cinque del pomeriggio al parco nazionale d'Abruzzo, Lazio, Molise. Una fototrappola abbracciata a un faggio, come ormai ne è disseminato l'Appennino, è puntata su una radura che si apre nel bosco. Per terra foglie cadute e qualche roccia, sullo sfondo un crinale che chiude a destra l'orizzonte. Mi sono divertito a controllare. Proprio in quelle ore, al Quirinale, Giorgio Napolitano riceveva il miliardario pervertito che ci governa "in un freddo faccia a faccia di un'ora" per manifestargli - é scritto nel comunicato ufficiale - "il turbamento dell'opinione pubblica" davanti alla contestazione di "gravi ipotesi di reato" (cioè sfruttamento della prostituzione minorile e concussione) al premier. Incredibile per incredibile, in quegli stessi momenti, la fototrappola piazzata nel parco nazionale dai ricercatori guidati dal mio amico Paolo Ciucci riprende quel che vedete qui sotto. Liberi e decisi, come solo dei lupi sanno esprimerlo. Undici, UNDICI, quando si ripete sempre che da noi ce li scordiamo i branchi numerosi di Yellowstone e dell'Alaska.
Undici motivi per difendere i nostri parchi, la nostra riserva di futuro. Di cui al nostro presidente del Consiglio e al suo ministro Prestigiacomo importa così poco (e questo post al lupo glielo dovevo, dopo le foto macabre e terribili di qualche giorno fa...). Ieri di nuovo una lunga camminata al parco d'Abruzzo, con Luciano, a una settimana dalla precedente in questo paradiso in terra.
E' cambiato (quasi) tutto. I bramiti dei cervi sono assai diminuiti e, nonostante le temperature ancora miti, l'autunno si fa strada nella faggeta. |
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